21

di rossointoccabile

 

Non sono stato io

 

Alfheim era un paese verde e luminoso.

Ora, come tutti gli altri regni, le sue terre hanno perso in fertilità e i prodotti dei suoi campi scarseggiano.

 

Thor, Signore di Asgard sta guardando, assieme ai suoi preoccupati amici, i tre guerrieri, i carri delle provviste in arrivo ad Asgard. Il raccolto mensile è andato male.

Le lunghe ed imponenti file di carri sono comunque più corte e rarefatte dei mesi precedenti.

Thor si volge, allo scopo di rientrare nel suo palazzo. In quel mentre arriva un messo.

- Mio signore, un messaggio da parte di tuo padre. -

- Non qui, seguimi nelle mie stanze. -

I cinque dei si avviano per le strade che dalla porta principale della città conducono su fino al palazzo di Thor.

Egli usa il suo palazzo, sia come abitazione che come corte, non volendo o non osando pretendere per se, come governante, il palazzo del padre, che è stato, per infiniti giorni, il luogo del governo di Asgard.

Vi si reca soltanto quando le incombenze di governo lo costringono ad usare uno degli oggetti di incommensurabile potere del padre.

Asgard non è, come alcuni pensano, una città conservatrice.

Ma, malgrado le ripetute distruzioni, molti dei palazzi (a volte delle semplici casette di campagna, solo incredibilmente più imponenti) sono stati fatti per durare e molti abitanti preferiscono ricostruire gli spazi a cui erano abituati, piuttosto che mutare radicalmente abitudini.

La strada lastricata di pietra è fiancheggiata da recinti di legno, le case, per lo più a due piani sono di pietra anche esse. Alcune coperte di paglia.

Qua e la una statua o un monolite, per lo più dipinto celebrano una grande impresa.

In lontananza si intravede un palazzo futuristico, dimora di qualcuno degli dei maggiori, che molto hanno viaggiato, anche fra i mondi.

Giungono sulla strada principale, la passeggiata dei signori di Asgard.

È una colossale strada sopraelevata, completamente eretta in pietra, lastricata con lastre molto più grandi di un uomo.

Ai due lati colossali statue degli eroi caduti in battaglia, coloro che hanno dato la loro vita immortale per la difesa della città eterna.

Esse attorniano anche i colossali archi lavorati che di tanto in tanto, coprono le passeggiata.

Essa è fiancheggiata da un parapetto, largo come le spalle di un uomo ed alto quanto il busto di un mortale.

Entrano nel palazzo del signore di Asgard.

L'architettura è quanto di più tradizionale si possa immaginare, sembra venire direttamente dalla Scandinavia del primo millennio dopo cristo (non che questo tipo di datazione abbia molto significato, in queste terre). Ma tutto è infinitamente più grande, intere teorie di finestre, balconcini, corpi separati che sembrano affastellarsi l'uno sull'altro. Bilskirnir.

Gli dei entrano, Thor si accomoda sul suo trono.

- Parla, ora. -

- Mio signore, tuo padre chiede se intendi convocare un consiglio per discutere l'improvvisa carestia che sta danneggiando i raccolti nei nove mondi, soprattutto in virtù del fatto che essendo, in questi regni, i raccolti più frequenti, essa colpisce soprattutto Asgard e Vanaheim. -

- Torna da mio padre, nobile messaggero, e portagli codesto messaggio. Non vi è nulla che accade nei nove mondi, in questo momento, che io non possa fronteggiare, con l'ausilio dei miei fedeli collaboratori. Poiché confido che lui sia nel novero di essi e sia ancora disposto ad ubbidire agli ordini del suo signore e che la sua fedeltà alla città dorata sia incrollabile, attenda con fede che io lo convochi. Ma senza mettermi fretta. La situazione richiede che il signore di Asgard rifletta, prima di compiere azioni avventate. Puoi andare. -

Il messaggero si inchina a Thor e esce.

 

Nella reggia di Svartalfheim c’è aria di tempesta.

- No. No. E poi no. – Freya è chiaramente infuriata.

- Ma mia signora… - Kurse sembra rimpicciolire ogni minuto, di fronte all’ira della sua sovrana. – gli elfi oscuri hanno sempre inferto punizioni corporali, per questo crimine. Il popolo si aspetta di vederlo, esposto alla gogna, sulla pubblica piazza. –

- Ho detto di no. Quando i vostri raccolti sono aumentati in maniera incommensurabile non avete protestato perché si applicava la modalità dei Vanir, invece che quella degli elfi oscuri. Così non avete protestato quando ho abolito le assurde e cervellotiche proibizioni sessuali che vi aveva imposto Malekith.

Ben, adesso applicheremo la modalità dei Vanir anche in questo caso. Io mi rifiuto categoricamente di condannare un uomo alla gogna e 15 sferzate perché ha rubato il cibo per nutrire la sua famiglia.

Un mese di prigione.

Inoltre decreto che il mantenimento della sua famiglia venga messo sul conto spese della corte fino a che lui non uscirà e sarà in grado di mantenerli.

Voglio un rapporto preliminare sulla povertà nel regno sul mio tavolo entro 10 giorni. Se non sarete in grado di fornirmelo troverò dei consiglieri meno incapaci. Ho parlato. –

 

Intanto negli alloggi della servitù…

- Sovverte le nostre tradizioni. – Malekith, accuratamente occultato sotto l’aspetto di un servitore.

- Ma ha notevolmente migliorato la nostra dieta, abbiamo più cibo e per più persone. –

- E le nostre condizioni di lavoro? Siamo forse più liberi? Ci è stato chiesto qualcosa? Io prima facevo il contadino, una vita dura. Se mi avessero chiesto se volevo continuare a farlo, oppure servire nella reggia, probabilmente, avrei scelto questo. È un lavoro più sicuro e al coperto. Ma credete che qualcuno mi ha fatto scegliere? Certo che no. Ricordatevi, nessun padrone è meglio degli altri. –

In quel momento suona una campana e la servitù esce velocemente dalla stanza.

 

Il signore di questo luogo, colui che è questo luogo e assieme vi si annida, scruta nella pozza dell’oscurità.

Si profilano disordini all’orizzonte, volti alla restaurazione di un ordine precedente. Un ordine che ha generato più disperazione di quanto l’attuale possa mai arrivare ad eguagliare.

La sua scelta è fatta. Il signore di questo luogo oscuro genera una forma oscura che lo serva e la invia oltre la barriera fra i mondi, quella stessa barriera che egli, in tutta la sua interezza, non può attraversare.

 

Thor ha convocato il Consiglio. Al di la dei contrasti col padre, la situazione è grave e lui non è il tipo di capo che prende decisioni senza ascoltare altre opinioni, se possibile.

Uno dopo l’altro arrivano tutti i consiglieri del sovrano.

In più alcuni amici, invitati a portare la loro opinione.

Tutti si avviano ai posti attorno al tavolo, mesti, aspettandosi una riunione tesa.

I tempi sono gravi e tutto può essere più utile di inutili contrasti.

Quasi nessuno spizzica l’abbondante buffet che occupa gran parte della sala.

- Miei cari – il signore di Asgard non perde tempo – vi ho chiamati per conoscere la vostra opinione sulle questioni gravi che stanno accadendo.

È ancora poco tempo che abbiamo ricacciato due tentativi di invasione di due dei nove mondi.

L’attacco a Vanaheim ha duramente colpito quel mondo. Gran parte delle coltivazioni sono andate distrutte e la sua fertilità è stata compromessa.

La terra dei Vani non viene fortificata dal sangue.

Inoltre la carestia colpisce tutti i nove mondi, seppur in diversa misura.

Le nostre scorte, seppur imponenti non possono durare per sempre, soprattutto con una guerra in corso. Guerra che, per altro, non abbiamo cercato ma ci è stata portata.

Non la farò lunga, preferisco ascoltare la vostra opinione. –

Il silenzio cala sull’uditorio.

Poi, lentamente, la dea Eir si alza.

- Mio signore, credo che il nostro problema sia più ampio, e di natura mistica. Infatti anche le mie pozioni sono meno efficaci e le ferite guariscono più lentamente. E qualunque mio tentativo di trovare le cause si è infranto nel nulla.

Temo si tratti di una strategia del nemico per fiaccarci, ma di qualsiasi cosa si tratti è al di sopra della mia conoscenza. –

Si alza Marnot, la personificazione del corvo Hescamar.

- Mio signore, mentre cerchiamo la causa di tanta sofferenza, propongo di chiedere nuovamente aiuto ai nostri alleati.

Possono aiutarci a fronteggiare la carestia, almeno per breve tempo, mentre noi indaghiamo sulle cause del nostro disagio. –

Odino, Allfodr[1], si alza.

Trattiene a stento l’ira, la cosa è evidente a tutti.

- Togli Freya dal trono degli elfi neri. –

- Padre, per favore, riprenderemo questo discorso in un altro momento. Ora abbiamo cose più urgenti da discutere che non la nostra tradizione. – Thor è visibilmente esasperato.

- Non si tratta di tradizione. – Odino fatica a controllarsi, il tono della sua voce si alza progressivamente. – Ti ho cresciuto per governare, ma mi accorgo che il mio lavoro è stato vano. Non conosci neppure le basi del funzionamento del nostro mondo. Hai sempre preferito scorrazzare su Midgard. Ti sei riempito la testa con le idee che su quel mondo hai appreso e pensi, come fanno i mortali della Terra, che tutti i mondi sono come il cortile di casa loro. Che ogni angolo del cosmo risponda alle stesse regole e alle stesse leggi.

Qui non sei sulla Terra. Hai spostato le dea della fertilità ad un ruolo sovrano e le hai anche concesso il pieno potere. Come sovrano di Asgard, la tua parola è legge cosmica, rende le cose reali.

Gli atti hanno sempre delle conseguenze, figliolo. E sui piani magici hanno conseguenze molto più immediati e complessi.

Chi riempie il vuoto che hai lasciato?

Chi si occupa della fertilità? Togli a Freya il regno degli elfi e rimandala a svolgere i suoi compiti. -

- La mia parola è legge cosmica, padre. Ma non è legge per te, pare. Non perdi occasione per criticare il mio operato. Qual è il problema. Ti sei pentito di avermi lasciato il potere? Bene, solleva la cosa al prossimo Althling. Ma per ora, se non hai dei consigli da dare, ti prego, taci. –

- Non capisci… - Odino di alza, e si alza anche la sua voce. – Non vuoi capire cosa stai facendo? –

Thor a sua volta si alza, l’energia che scorre nella sala è quasi palpabile. Le mani corrono alle armi, lo scontro è imminente.

Forseti, lentamente, si mette tra i due contendenti.

- Vi prego, miei signori. Nulla può accadere di meno fausto di uno scontro fra di noi, qui. –

Odino sembra risvegliarsi.

- Fino a che punto porterai il tuo popolo, figliolo? Non resterò a vedere la tua rovina. Se rinsavisci, tuo nonno sarà in grado di trovarmi. – E si avvia a lunghi passi verso l’uscita. Arrivato sulla porta si volta. – Hescamar, non mi è sembrato di averti concesso di rimanere. – il corvo raggiunge la spalla del suo padrone.

Odino esce, mentre altri due corvi e due lupi lo raggiungono.

Sale sul cavallo a 8 zampe che è sopravvenuto e si avvia verso le porte della città e Bifrost.

Thor, il signore di Asgard è il primo a riprendersi dallo shock. Corre alla porta ed urla, dietro al padre. – Vattene pure. Abbandonami nell’ora del bisogno, come hai sempre fatto. Ma attento, perché quando rinsavirai, non è detto che ci sia qualcuno contento di riaccoglierti. –

Gangleri[2], rimessosi in cammino, non da segno di aver sentito.

 

È un attimo e la signora della luce, Parvati cambia forma ed indossa l’illusione con la quale manifestarsi nel mondo di Maya.

Kali si muove nel mondo. Dietro di lei la distruzione. Dalla sua mano destra il disco dorato parte a troncar teste. Un occhio fissa dal falcetto che stringe nella destra, un falcetto che gronda sangue. Un’altra destra stringe il tridente del marito. La devastazione su chi ne è colpito. Una mazza stringe nella destra, che sfascia corpi come fossero anfore.

Nella sua mano destra una sciabola che miete messi di corpi come fosse una falce.

Nelle sinistre cinque amuleti di protezione, compresa la testa mozzata di un nemico, che cola un sangue nero più della pelle bluastra della dea.

Dopo aver finito di raccogliere la sua messe, dopo che anche l’ultimo corpo d’ombra è svanito, colpito dalla furia della dea, Kali si volta verso il suo alleato.

Il signore delle schiere ha assistito da lontano all’opera della dea della distruzione, ben conscio che nulla sopravvive nella sua scia.

È il volto di Durga che gli parla. Un volto che chiunque può vedere impunemente. La furia distruttiva è svanita, la sua pelle è chiara, ma stringe ancora le sue armi, pronta ad attaccare.

- Bene, ho respinto la prima orda di avversari. Non apriranno la porta, per il momento. Questo dovrebbe concederti il tempo necessario a trovare nuovi alleati. –

- Ti ringrazio – il signore delle schiere si accarezza la sua unica zanna, mentre parla. – vado immediatamente. Salutami mia madre, quando torni lei. –

 

Svartalfheim è un luogo buio, in cui non è raro trovare posti ancor più bui e nascosti.

In una sala nascosta nelle più oscure segrete del castello, il fu signore di quelle terre guarda lo sparuto gruppo di seguaci radunato dall’unico di cui si è fidato.

Un elfo così idiota da essergli preclusa ogni attività, tranne quella che svolgeva gia nel regno di Malekith.

L’ex torturatore (poiché le segrete sono state chiuse) guarda il suo ex-signore con sguardo speranzoso.

Attende con ansia il momento in cui si manifesterà agli scontenti che ha radunato in quel posto.

Il servo che non è un servo sale sul palco improvvisato.

- Sono qui per parlarvi della nostra situazione. Una straniera siede sul trono della nostra patria. Una dea. Una degli odiati Vanir.

Il nostro orgoglio è caduto così in basso? Vogliamo farci governare da una dea? Io dico, meglio il nostro vecchio signore, che è un elfo, che questa dea… -

Più d’uno degli elfi cambiano espressione e si alzano. Uno, il più grosso, prende la parola.

- È certo che siamo scontenti di avere una dea a governarci. Seppur una dea benevola come Freya. Ma tutto è meglio del ritorno di Malekith. – E se ne va, seguito da quasi tutti i presenti.

*Sarà più dura di quanto avevo pensato* si dice l’elfo, mentre riprende, controvoglia, il suo sermone per i pochi rimasti. *Meglio aspettare ancora un po’, prima di rivelarmi.*

 

Thunderstrike vola sopra le nuvole, spinto dal potere della sua mazza. Si è offerto volontario, per questo giro di pattuglia, poiché deve a lungo riflettere sulle implicazioni della sua esistenza.

Intanto il semplice fatto che esiste lo preoccupa.

Lo preoccupa il fatto di essere stato creato dai Celestiali, per una finalità che è evidentemente estranea alla mandata del Godstalker.

Il fatto di essere la pedina di un gioco di cui non riesce a comprendere e neppure immagina i fini lo sconvolge, lo fa sentire in gabbia.

Per trovare il suo posto nel cosmo, per dare ordine alla sua vita vorrebbe sapere chi è, e perché.

Questo lo aiuterebbe anche con la moglie. O quel che è.

In questo, almeno, non è diverso da Masterson. Assolutamente incapace di gestire i rapporti interpersonali. Nel tentativo di non ferire la sua ex-moglie (o quel che è) l’ha fatta sprofondare nell’angoscia.

Ora lo odia. E lo odia poiché pensa che lui abbia assunto quella forma per perseguitarla.

Forse dovrebbe cambiare look. Potrebbe servire.

C’è poi il problema di Asgard. Lui si sente legato alla Terra, e del tutto inadeguato a quel luogo. Ma qui sono i suoi amici e poi c’è la guerra.

Per non parlare dei Vendicatori.

Ma anche sui Vendicatori ha dei dubbi, su quel che fanno e su come lo fanno.

Thunderstrike è così concentrato su questi pensieri che quasi non nota la saetta violacea che vola velocissima nella sua direzione.

All’ultimo momento, forse intravedendola con la coda dell’occhio, forse per qualche strano sesto senso, Thunderstrike volta la testa e vede il nemico.

Fa come per ripararsi, così che la mazza assorbe gran parte dell’impatto.

Mentre precipita a terra, troppo intontito per riuscire a volare vede il suo nemico.

È chiaramente intontito anche lui e non riesce più a mantenere la forma illusoria.

Gia sapevano che i loro avversari non avevano forme simili a quelle degli dei terrestri (peraltro alquanto variegate) ma non erano ancora riusciti ad infrangere il velo che così li faceva apparire.

L’attaccante ha ancora l’esile e pallida figura e i suoi canini superiori sono ancora lunghi e affilati. Ma la sua pelle non è più bianca e cerulea, ma rocciosa, di una roccia color della Luna.

Entrambi toccano il suolo con una violento impatto, ma sono dei. Dopo pochi istanti, seppur traballanti, si rimettono in piedi e si fronteggiano.

Thunderstrike lancia il martello, ma il suo avversario schiva il colpo, apparentemente senza difficoltà.

Il Vendicatore si prepara ad afferrare la sua arma che sta tornando. Dal terreno spuntano due colossali braccia che abbrancano Thunderstrike trascinandolo a terra.

La mazza scava un solco nel terreno, dove colpisce quando il suo padrone non l’afferra.

Il “vampiro” di pietra muove due passi verso l’arma, si china e la raccoglie. Poi colpisce Thunderstrike più volte.

Buio.

 

Asgard la dorata è in guerra. Quindi è incredibile che i tre dei che tengono questa riunione segreta siano, tutti quanti per vie diverse, entrati in segreto nella città.

Ancora più incredibile il luogo in cui tengono la riunione.

Hildskialf, buia e abbandonata.

Uno degli dei ha assunto la forma di un biondo adolescente.

Sorride, malgrado la gravità del momento e da lui emana una debole luminescenza.

- Era ora che venissi da noi, Grímr[3]. La situazione sta per precipitare e i nostri soli poteri non erano sufficienti a portare avanti il piano con la dovuta velocità. –

Il vecchio straccione, seduto sullo scranno addossato alla roccia smette per un attimo di guardarsi attorno.

Sposta la sua attenzione sul giovinetto, come se lo vedesse per la prima volta.

- Eppure tutto andava fatto nel giusto modo, o i sospetti che avremmo attirato sarebbero valsi a vanificare ogni nostro sforzo. –

Dal nulla si sente ridacchiare. – È la tua capacità di ordire tranelli che mi affascina in te. -

- Sono contento che tu riesca ancora a divertirti, poiché sei tu quello che corre i rischi peggiori, fra di noi. –

- Ti dirò, non ricordo di essermi divertito così tanto da secoli. –

 

- … e quando mi sono svegliato, la mia mazza era svanita. So che sembra impossibile, siamo abituati ad affidarci all’incantesimo che permette solo a chi è degno di alzare le nostre armi, per maneggiarle e scagliarle con noncuranza. Ma sappiamo così poco dei nostri nemici, ed evidentemente uno di loro era degno. – Thunderstrike abbassa la testa, per nascondere lo sguardo disperato, segno di quello che considera un pesante fallimento.

Red Norvel, che partecipa, discosto, alla riunione si fa avanti, la mano sul martello.

- Non preoccuparti, degni o non degni andremo a cercarli e gli faremo il culo, riprendendoci la tua mazza. – si rivolge a Thor – Autorizzaci a andare alla ricerca di questi due stronzi, riprenderci quell’arma è di importanza primaria. –

Si fa avanti Tyr – Il fatto che siano degni di impugnare una delle armi del tuono mi preoccupa. Propongo che Thunderstrike sia opportunamente armato per la missione. Se riuscissero a catturare uno degli aggressori potremmo così confermare i sospetti che la sua esperienza ci hanno fatto sorgere sulla loro identità. Inoltre, forse, riusciremo a capire quali sono le ragioni per cui sono riusciti ad impossessarsi dell’arma , malgrado l’incantesimo. –

Balder è seduto, pensoso. Il suo intervento è poco più che mormorato.

- Quella non è un’arma forgiata dai nani e l’incantesimo che ha sopra non è stato posto da Odino. L’esecutore da forma alla magia. Chissà cosa associano, i Celestiali, al concetto di dignità? –

Thor si alza dal suo scranno – Bene, daremo a Thunderstrike l’ascia di Skurge, la cui maledizione è stata resa inattiva ad Asgard e nei regni divini. Poi, lui e Red Norvel andranno alla ricerca dei felloni che gli hanno sottratto la mazza.

Noi conosciamo quell’oggetto e dall’alto seggio in Hildskialf potrò certamente vedere ove si trova.

Solo, attenti che non sia una trappola. Se ci sottraggono anche le vostre armi, le sorti della lotta ne possono esser compromesse in maniera significativa. –

 

Kurse è chino sull’enorme cumulo di carte ammassato sulla sua scrivania.

Il governo, indipendentemente dalla qualità del luogo, richiede una quantità enorme di lavoro.

Questa è fra le ragioni dell’enorme proliferare di cortigiani.

Kurse sa che non potrà mai svolgere da solo tutto questo lavoro. Questo non gli impedisce di dedicarvisi per ore ed ore ogni giorno.

Quasi non nota il servitore che gli porta la cena (per espresso ordine della regina, che lo ha dato quando si accorse che saltava i pasti per restare nel suo studio, gli vengono serviti ad ore precise, quando si chiude a lavorare).

Quasi non si accorge che l’elfo, dopo aver appoggiato il vassoio nel poco spazio libero su un tavolino collocato nella stanza, a questo scopo, pochi minuti prima, non esce, ma è in piedi in attesa.

All’inizio è una sensazione sgradevole, come se qualcosa fosse fuori posto.

Poi, lentamente affiora la consapevolezza che qualcuno ti guarda.

Kurse si volta, reprimendo a fatica il soprassalto, verso il servitore.

- Si? -

- Mio signore. Mi perdoni se oso. Ma mi è capitato di sentire una conversazione, mentre servivo, tra la regina e un visitatore, che mi stava di spalle.

Dicevano qualcosa a riguardo della sua presenza ingombrante, ma non sono riuscito a sentire molto. Ho pensato che fosse giusto venirglielo a dire. –

Kurse studia a lungo il suo interlocutore.

- Probabilmente hai capito male, o solo una parte del loro discorso. Però tieni gli occhi e le orecchie aperte. Se domani sera non sarai tu a portarmi la cena, ci vediamo all’ingresso dei tunnel delle segrete abbandonate. –

- Si, mio signore. –

Malekith esce, ridendo fra se e se.

La sua azione ha dato risultati insperati.

*Sei sempre un comodo burattino, Algrim.*

 

Il panorama, se così vogliamo chiamarlo, è accidentato, roccioso.

Dalle crepe nel terreno fuoriesce lava infuocata e ogni sorta di liquame pestilenziale.

Qua e la, abbandonati a se stessi, relitti umani passano l’eternità dimenticati e tormentati, in attesa dell’ultima battaglia, quando usciranno da Hel per dare l’assalto alla città dorata.

Insomma, non proprio il posto in cui qualcuno andrebbe di sua iniziativa.

Eppure due figure camminano decise, dopo aver aggirati non visti, i cancelli del regno.

Di tanto in tanto abbreviano il viaggio teleportandosi. Ma viaggiare attraverso Hel non è semplice neppure per due come loro.

Infine giungono in vista della reggia della regina dei morti.

A quel punto è semplice, per loro, aggirarne le protezioni ed entrarvi.

Hela è sola e contempla un braciere le cui fiamme le rimandano immagini dai mondi.

Non da segno di trasalire quando dal nulla una voce le chiede – L’hai visto? –

Si volta verso l’uomo grasso e la presenza inavvertibile – È stato qui poco dopo la sua fuga. Non credo si fidi realmente di me. Ma non sa che io so. –

 

Il tempo, nel regno mistico in cui si trova l’Olimpo, è per lo più bello.

Quando si ode un tuono è segno che il re di questo luogo è arrabbiato.

Quindi, quando nella piazza principale di Olimpia cade un fulmine, tutti si voltano preoccupati.

Le loro espressioni si rilassano quando vedono che al posto del lampo è comparso il signore di Asgard.

Tornano alle loro occupazioni, mentre Thor si avvia verso le porte del palazzo di Zeus.

 

- … quindi, questa è la situazione che mi porta a chiedere il vostro aiuto. Sappiamo entrambi cosa significa e quali sono i pericoli connessi. Ma siamo certi che si tratti solo di una prima ondata. –

Zeus sta seduto sul trono e guarda Thor con sguardo pensoso. Nulla, nella sua espressione tradisce l’oggetto del suo pensiero.

- Capisco. Indagheremo. Intanto, anche se non sarà certo una soluzione definitiva, prendi con te Abbondanza e il suo corno. -

 

- Voglio venire anche io. Non potete sempre lasciarmi in retrovia. – Magni brandisce il suo martello nuovo, la sua voce possente si sente, certamente, a leghe di distanza.

Red Norvel ride. – È assolutamente fuori questione, giovane Magni, a meno che tu non ottenga il permesso di seguirci in questa rischiosa missione da tuo padre o, ma credo sia ancor più difficile, da tua madre. –

- Ma sai benissimo che mi diranno di no. –

- E io non ho alcuna intenzione di contrariare i tuoi genitori, coinvolgendoti in un’impresa al di sopra della tua esperienza, se non delle tue capacità.

Se tuo padre ritiene che serve per la tua formazione, ben venga la tua compagnia. Ma non sotto la mia responsabilità. Vai, ti aspetteremo una mezz’oretta al massimo. -

Magni si allontana, visibilmente contrariato.

Red Norvel rotea il martello sopra la testa – Andiamo, non otterrà mai il permesso. – e vola via.

Thunderstrike lo segue, impacciato dalle capacità della sua nuova arma e dal ricordo dell’ultima volta che l’ha impugnata (anche se sa, razionalmente, di non averlo mai fatto).

 

Trovare gli avversari che si allenano con la mazza è facile, se si possiede un trono dal quale è possibile vedere tutto ciò che accade nei nove mondi (a patto che non vi siano in atto tecniche di occultamento).

Il fatto che non si nascondono, ovviamente, fa pensare ad una trappola.

Trappola non evitabile, quindi Norvel si precipita con tutta la sua foga sulla creatura minuscola con due braccia enormi che impugna la mazza.

Sta bene attento a non mollare il suo martello, poiché non vuol fornire un’altra arma al suo avversario.

Il colpo è comunque potentissimo e l’avversario viene sbalzato contro la montagna, ma non lascia la mazza.

Il compagno diventa intangibile e un fumo denso fluttua in direzione di Red Norvel.

Non fa in tempo a terminare di materializzarsi che questi lo colpisce con una potente martellata che lo atterra.

Mentre si rialza, stordito arriva Thunderstrike, che gli rovina addosso.

Intanto il nano con le braccia da gigante sta correndo verso i nostri due signori delle tempeste.

Ruota la mazza e vola. È chiaramente la prima volta che prova un simile gioco, infatti il suo volo è goffo e sgraziato.

Ciò, non di meno, gli permette di abbreviare le distanze ed è su Thunderstrike prima che questi possa finire il suo esile avversario.

L’ascia compie un arco, ma il tentativo del costrutto celestiale di non ferire mortalmente il suo avversario fiacca il colpo, che non sortisce grandi effetti.

Il dio-vampiro è intanto in piedi, si appressa anche lui a Thunderstrike ma Norvel è oramai vicino.

Con un lampo di luce, compaiono tre nuove figure.

Un colosso, magistralmente tozzo, quasi una palla di muscoli, con una gigantesca mazza chiodata.

Una palla ruotante, al cui interno un occhio allenato riesce a percepire una figura femminile.

Il terzo è un piccolo drago dal collo lunghissimo e la piccola testa irta di zanne e corna.

Dalle corna del drago parte una scarica d’energia che atterra Norvel, intanto il colosso, il nano e il vampiro si gettano su Thunderstrike.

La mazza chiodata viene bloccata dall’ascia, ma la martellata che lo colpisce fa arretrare il costrutto celestiale che viene quasi sopraffatto.

Le zanne si avvicinano alla sua gola.

Intanto la donna ruotante afferra Red Norvel, portandolo in alto.

Thunderstrike colpisce il vampiro, la lama apre uno squarcio nel ventre dell’avversario, che molla la presa, per il breve istante che necessita alla ferita per chiudersi.

La donna lancia Norvel contro il suo alleato, atterrandoli entrambi.

L’ex cameraman si rialza, traballante. – Cinque contro due, non è un rapporto a nostro favore. –

Storm Breaker abbatte il colosso, la sua mazza rotola a terra. – Tre. – Urla Bill mentre piomba sul drago trascinandolo a terra.

- Quattro. – un fulmine abbatte la donna ruotante.

Magni ride, sospeso in aria.

Mentre il nano con le braccia da gigante guarda incuriosito la mazza, Red Norvel si getta sul vampiro, colpendolo prima che riesca a volatilizzarsi.

Il nano punta la mazza su Thunderstrike, apparentemente senza alcun effetto.

Il vampiro colpisce con gli artigli Norvel, che arretra, intanto il nano cerca di scagliare fulmini, ma va per tentativi.

Rotea la mazza, dalla quale si sprigiona un campo di energia.

Thunderstrike si spazientisce e scaglia l’ascia contro l’avversario, che istintivamente sposta il vortice del martello a proteggersi.

L’arma svanisce tra i mondi attraverso il varco inter-dimensionale.

Norvel reagisce, atterrando il vampiro mentre Thunderstrike salta sull’avversario, tempestandolo di pugni.

Mentre Magni atterra e Beta Ray Bill si avvicina, trascinando il drago, Thunderstrike strappa la sua mazza dalle mani dell’avversario caduto.

Un vortice li investe e quando si calma tutti gli avversari sono svaniti.

 

I gatti sono aggiogati al carro e la regina di Svartalfheim vi sta salendo quando Kurse giunge, trafelato, nel cortile del palazzo.

- Sono giunto il prima possibile, mia signora. Quali ordini, per la tua assenza? –

- Ti sovraccarichi gia di lavoro, mio caro. Non credo ci sia bisogno di assegnarti ordini speciali, per il tempo della mia breve assenza. Il signore di Asgard mi ha convocata per una questione urgente e segreta, ma non credo che la mia assenza sarà molto lunga.

Quando torno dovremo discutere di come sgravarti di alcuni dei compiti più noiosi, prima di vederti stramazzare esausto a terra. Non vorrei che gli oneri del governo riuscissero dove nessun avversario è mai riuscito in battaglia. –

Detto ciò sprona i suoi felini e parte, alla volta della città dorata.

Kurse si allontana pensoso.

 

Il signore degli Asi guarda Brama, il suo corrispettivo indù, che conduce personalmente la colossale vacca Kamadhuk, che produce fiumi di latte, al suo cospetto.

- In tuo supporto, signore di Asgard, per il tempo che ti sarà necessaria. –

 

Horus striscia nell’ombra. Ha donato tutto il suo potere ad un costrutto, allo scopo di sviare i suoi nemici ed ora, fino al momento in cui esso non verrà distrutto, è quasi impotente.

I nemici stanno forse inseguendo la sua arma, ma lui, non volendo, ha rischiato di gettarsi nelle loro fauci.

Il luogo in cui si trova, infatti, è parte di un regno più vasto. E quel regno è pieno dei nemici da cui sfugge.

Essi, per fortuna, non sanno che questo è il luogo in cui un tempo le barriere fra i vari mondi divini vennero infrante e quindi il luogo in cui le fortificazioni magiche verso i nove mondi sono più deboli.

Questo ha fatto si che la regione più desolata restasse anche la meno sorvegliata.

Horus giunge nell’antica reggia, e da li slitta verso Hel.

 

Kurse striscia, per quanto gli è possibile vista la sua massa imponente, lungo le pareti, stando attento a che nessuno lo scorga.

Giunge nelle segrete.

L’abbandono ha reso quei luoghi ancor più tetri. Kurse si muove nel buio, timoroso, anche, di accendere la più insignificante delle luci.

Di tanto in tanto si ferma ad ascoltare, per esser certo che nessuno lo segua.

Malgrado le capacità della sua razza, che nasce e cresce nell’oscurità, il buio di queste segrete è quasi impenetrabile anche per la sua vista.

Vede, comunque, che una figura, immobile, sta attendendo nel luogo convenuto.

Kurse si avvicina.

Il servitore si volta, molto più calmo di lui.

- Allora? –

- Mio signore. I nostri sospetti erano fondati. Lo scopo del viaggio della regina è quello di chiedere, al signore di Asgard, l’aiuto necessario a rimuoverti dal tuo incarico e imprigionarti. Devi agire, prima del suo ritorno, metterti al sicuro. –

- Non è possibile. Freya sa che non tengo a questo ruolo. Le basterebbe chiederlo, perché io lo lasci. Solo stamattina, prima di partire, si preoccupava, poiché a suo dire, ne sono troppo affaticato. –

- E quando tornerà discuterete dello sgravio delle tue responsabilità. Le parole cambiano, mio signore, ma cosa c’è di diverso da ciò che ti ho detto io? –

- Eppure non posso crederci. Quel che dovrà accadere accadrà. Ma io non tradirò la fiducia che mi è stata accordata. Se qualcun’altro vorrà tradire quella da me accordata, il disonore ricada su di lui. –

Il servitore comincia a mutare in una figura più familiare, Malekith si erge in tutto il suo magico potere. – Pazzo. Se non vuoi fuggire assecondando i miei piani, sparirai sotto il mio potere. Oppure pensi di poterti opporre a me? –

Dal buio si ode una voce. – Oh, probabilmente potrebbe. Ma i rumori della battaglia si udrebbero in tutto il palazzo e tutti scoprirebbero che non sei morto e non ti trovi ad Hel. Mentre ora che in quel regno c’è solo una copia, non meglio identificabile, lo sanno la copia, la regina degli inferi e qualche suo collaboratore. E noi abbiamo necessità di conservare il segreto il più a lungo possibile. –

Malekith si trova incastonato in un blocco d’ambra.

Un ragnetto, così nero da risaltare anche in quella tenebra scende con la sua tela fino a terra.

Ma è un aracnide colossale quello che spinge il prigioniero in una cella. Da essa torna nella forma del servitore, prima indossata dall’elfo oscuro.

Si gira verso la porta, dietro cui l’elfo è nascosto ed agita una mano. La porta viene rimpiazzata da un muro, indistinguibile da quelli circostanti.

Poi si volta verso Kurse.

- Andiamo. Indosserò la sua forma, fino a quando sarà necessario mantenere il segreto. Ci sarà da divertirsi. –

 

 

 

Note: Alcune traslitterazioni le ho fatte a memoria, visto che al momento non avevo sotto mano una tavola affidabile.

Quindi la grafia di alcuni nomi prendetela con le molle.

Nei prox episodi spero di fare meglio.

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[1] Il padre di tutti

[2] stanco del cammino

[3] mascherato